Italia Ortofrutta esamina criticita' e strumenti per la conquista di nuovi mercati Stampa
Giovedì 13 Giugno 2013 08:38

Il Castello della Castelluccia, a Roma, ha ospitato ieri, 12 giugno, il convegno "Il mercato e le regole internazionali, tra presente e futuro", organizzato dall'Unione nazionale Italia Ortofrutta per approfondire le criticità e gli strumenti di marketing necessari alle imprese ortofrutticole italiane per conquistare nuovi mercati.

Il contesto attuale è stato inquadrato da Ibrahim Saadeh, presidente dell'Unione, che ha subito definito la fase attuale come molto delicata per la futura Politica agricola comunitaria (Pac) 2014-2020 e per la nuova Ocm Ortofrutta.

 

"La futura Pac inciderà anche sul settore ortofrutticolo - ha detto Saadeh - in particolare, sulla nuova Ocm unica, il regime dei pagamenti diretti - che include tutte le specie ortofrutticole - il greening, i fondi mutualistici, il ruolo e funzionamento delle Organizzazioni di produttori. La partita è importante perché in gioco c'è la politica agricola comunitaria dei prossimi sette anni e, soprattutto, un ammontare di risorse di circa 55 miliardi annui a livello comunitario e circa 5 miliardi annui per l'Italia."

 

Nel 2012, la produzione italiana di ortofrutta fresca si è attestata sui livelli più bassi degli ultimi anni, con circa 19 milioni di tonnellate e una flessione dell'11% rispetto all'anno prima. Anche i consumi delle famiglie negli ultimi 10 anni sono scesi del 22%. Malgrado ciò, l'Italia resta il primo paese produttore dell'UE.

 

"Secondo i dati Eurostat - ha proseguito il presidente - nel 2012 l'export italiano di ortofrutta fresca si è attestato sui 3,9 milioni di ton (-1% rispetto al 2011) e, in termini di valore, su oltre 3,6 miliardi di euro (+3%). La nostra principale destinazione resta la Germania, anche se è passata dal 40% dei primi anni 2000 al 28%, quindi la Francia (8-9%), la Spagna (5-6%), la Polonia (6%). Contemporaneamente, nel 2012 abbiamo importato 2,8 milioni di tonnellate di ortofrutta fresca (-1% sul 2011), di cui il 46% di frutta, il 13% di agrumi e il 41% di ortaggi."

Da sinistra, Giacomo Suglia, vicepresidente di Fruitimprese, Salvo Laudani, direttore marketing di Oranfrizer, Bruno Caio Faraglia, dirigente Mipaaf, Ibrahim Saadeh, presidente di Italia Ortofrutta, Carmelo Vazzana, vicepresidente vicario dell'Unione, e Duccio Caccioni, direttore Marketing e qualità del Centro agro alimentare di Bologna.

 

In sintesi, per stimolare il processo di internazionalizzazione, Italia Ortofrutta chiede alla politica una maggiorE semplificazione burocratica, incentivi concreti per stimolare le aggregazioni, reciprocità delle regole produttive per evitare la concorrenza dei paesi extra-UE, una "strategia Paese" e un sistema bancario più vicino alle esigenze delle imprese.

Bruno Caio Faraglia, responsabile dell'ufficio Produzioni vegetali del ministero delle Politiche agricole, ha illustrato le criticità esistenti a livello di barriere fitosanitarie, ampiamente utilizzate anche dall'Italia tempo addietro.

 

Secondo Faraglia, dobbiamo iniziare a discutere con ogni paese che importerà i nostri prodotti per ridurre sì il rischio fitosanitario ma rispettando, e non snaturando, le caratteristiche dei nostri prodotti e del nostro sistema produttivo. In questo senso, risulta fondamentale la capacità di preparare un dossier di "pest risk analysis" per la corretta analisi dei rischi fitosanitari da sottoporre al paese importatore.

 

Altro elemento da tenere in considerazione, ha spiegato Faraglia, è quello legato ai concetti di pest free areas e di pest free place of production che permettono di considerare pulito anche il prodotto proveniente da un'area contaminata da un organismo nocivo e di dimostrare che le barriere fitosanitarie del paese importatore non sono necessarie.

 

L'istituzione di programmi di pre-clearance - sistema specifico che concorda un disciplinare di controllo sulle partite all'esportazione - ha finora consentito buoni risultati, come nel caso delle arance Tarocco in Giappone, dei kiwi in Corea e delle mele e pere negli Stati Uniti, tanto che, per queste ultime, dalla prossima campagna si avrà un volume più consistente dell'export.

 

Faraglia ha anche elencato i dossier aperti dal suo Ufficio: mele e pere italiane negli Usa; agrumi, kiwi, pere e mele in Corea del Sud; agrumi e vite in Cina; kiwi, arance Moro e Sanguinello in Giappone; diversi prodotti ortofrutticoli in Messico; kiwi e uva da tavola in Sudafrica; kiwi in Vietnam e Israele; kiwi giallo in Nuova Zelanda; ecc.

 

"Tutti dossier aperti casualmente: non c'è quella programmazione di priorità che credo sarebbe fondamentale" ha commentato il dirigente.

 

In chiusura del suo intervento, Faraglia ha annunciato l'ipotesi di un Gruppo di lavoro permanente (vedi slide sopra) per la protezione delle piante che coinvolga i soggetti interessati di tutti i settori.

 

Duccio Caccioni, direttore Marketing e Qualità del Centro agroalimentare di Bologna (Caab) ha presentato una panoramica delle nuove tendenze che animano la distribuzione al dettaglio a livello mondiale: dal comportamento del consumatore, all'offerta convenience dei supermercati, agli aspetti salutistici.

Il direttore Marketing del Caab di Bologna ha anche toccato gli aspetti legati alle Food miles, e quindi gli elevati costi ambientali e sociali degli alimenti, alla organizzazione logistica e logistica urbana e, infine, alle nuove tendenze della distribuzione, orientata verso un ridimensionamento delle proprie superfici e dei nuovi format di vendita per il commercio di prossimità.

A Giacomo Suglia, vicepresidente di Fruitimprese, è spettato il compito di descrivere l'evoluzione del commercio internazionale delle aziende italiane. Dopo aver citato i due cambiamenti sostanziali nel commercio internazionale - vale a dire l'avvento della grande distribuzione e la globalizzazione dei mercati - Suglia ha analizzato l'export italiano degli ultimi 20 anni (vedi grafico qui sotto) che è notevolmente cresciuto, in particolare verso i paesi terzi.

 

Le spedizioni di kiwi sono aumentate dell'89% (355.000 ton), quelle di mele del 172% ( 915.000 ton) mentre quelle di pere (176.000 ton) sono cresciute del 115%. Solo le arance e le pesche e nettarine sono in sofferenza a causa della sovrapproduzione, del mancato ricambio varietale e della forte concorrenza di paesi competitor.

 

Calano i consumi e diventa fondamentale trovare nuovi mercati. Per fare ciò, anche Suglia ha auspicato una miglior integrazione degli attori e un supporto concreto dalle istituzioni.

 

Utile, in conclusione, l'esperienza diretta sui mercati esteri riportata da Salvo Laudani, direttore commerciale di Oranfrizer.

 

Laudani ha segnalato come l'export degli agrumi riguardi solo poco più dell'8% della produzione italiana: 6% per le arance, 4% per i limoni e 15% per i soft citrus, e comunque importiamo più di quanto esportiamo. Esistono, poi, paesi in cui non si possono esportare agrumi e altri in cui si riesce ma con procedure fitosanitarie non semplici: Cile, Argentina, Cina, Corea del sud, Giappone, Taiwan.

 

Con la frutta (e con le spremute fresche che permettono di destagionalizzare l'offerta), Oranfrizer esporta un territorio e la distintività dell'arancia rossa. Il packaging, inoltre, deve essere attraente e contribuire a trasmettere la qualità del prodotto. Messaggio che è diffuso anche partecipando a progetti promozionali condivisi, quali European Flavors del Cso, e con iniziative ed eventi di settore mirati all'estero: Honk Kong, Norvegia, Danimarca, Spagna, Canada, Thailandia.

 

Autore: Raffaella Quadretti

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